Car and Friends

Valerio Berruti
Marco Tullio Giordana

Tutto quello che non dovete sapere sulle auto

Quando il pizzardone non controllava il traffico

1960 Alberto Sordi in Otello Celletti di Luigi Zampa

Il più famoso è Otello Celletti, il vigile interpretato da Alberto Sordi, nel film omonimo realizzato da Luigi Zampa nel 1960. Ma già da almeno dieci anni gli agenti della Polizia Municipale erano saliti alla ribalta del cinema: nel 1950 con il pizzardone Marcello Mastroianni (doppiato, guarda un po’, proprio da Sordi) in Domenica d’agosto di Luciano Emmer. Nel 1956, ancora con Sordi, Peppino De Filippo, Aldo Fabrizi e Gino Cervi, in Guardia, guarda scelta, brigadiere e maresciallo di Mauro Bolognini. E nel 1963, con Totò ne Le motorizzate di Marino Girolami e con Ugo Tognazzi ne I mostri di Dino Risi. E poi ancora negli anni Sessanta con Ciccio e Franco, diretti da Giuseppe Orlandini ne I due vigili, fino alle interpretazioni – al cinema o in tv – in casco e divisa, di Paolo Panelli, Gigi Proietti, Carlo Verdone, Lino Banfi, Vincenzo Salemme.

1950 Marcello Mastroianni in Una domenica d’agosto di Luciano Emmer

Per non parlare dei figuranti passati alla storia per una loro fugace apparizione sullo schermo nel ruolo di un vigile urbano. Uno per tutti: il ghisa al quale Totò e Peppino sbarcati a Milano con abbigliamento da Siberia, rivolgono la famosa domanda: «noio volevòm savoir…» e risponde con un milanesissimo «Se gh’è?». L’attore, Franco Rimoldi, era un boy delle operette di Nuto Navarrini, finito prigioniero in Russia e riportato al suo ritorno a casa nel mondo dello spettacolo proprio da Totò.

Ma, sia pizzardoni che ghisa, questa notorietà che ha portato il vigile urbano a essere un carattere ricorrente della commedia all’italiana, non la devono al cinema, ma all’automobile. Perché la sua apparizione in film, sketch televisivi e finanche in caroselli (il cartone animato del vigile Concilia?, doppiato da Virgilio Savona del Quartetto Cetra, che lanciava lo slogan di una marca di dadi da brodo o quello della guardia che ferma un ciclista con un grande pennello con il quale deve dipingere una grande parete) è parallela al boom della motorizzazione italiana, decuplicata in tredici anni: dalle 342.021 autovetture circolanti nel 1950 di Domenica d’agosto ai 3.912.597 del 1963 de Le motorizzate e de I mostri.

1982 lo spot del pennello-Cinghiale

Perché prima di quegli anni, i pizzardoni e i ghisa già esistevano a Roma e Milano, così come il civich a Torino, il cantuné a Genova, il ghebo a Venezia, il tubo a Trieste, il pulismen a Bologna. Solo che all’inizio non si occupavano di automobili per il semplice fatto che di auto in circolazione, alla nascita delle Guardie di città, nel 1859, non ce n’erano. La prima al mondo fu brevettata quasi trent’anni dopo, nel 1886, da Karl Benz, ed era un prototipo. In Italia nel 1899 se ne registrarono 111. Perciò l’attività principale delle Guardie era legata alla vigilanza dell’applicazione dei regolamenti comunali e all’esecuzione di provvedimenti straordinari in materia di igiene e di edilizia.

Ed è allora che nascono i soprannomi popolari, spesso dall’origine curiosa: la più celebre, l’espressione romanesca pizzardone compare per la prima volta nel 1871 e deriva dal cappello a doppia punta – una feluca – calzato dai vigili urbani dell’epoca e denominato pizzarda (altro nome del beccaccino), da pizzo a indicare la punta e il suffisso -ardo a sottolinearne l’esagerazione. Che viene ulteriormente accentuata dall’accrescitivo -one. Il ghisa milanese nel 1861 indossava un cappello grigio che somigliava ai tubi di stufa in ghisa. Il cantuné indicava a Genova l’abitudine dei vigili di appostarsi agli angoli delle strade. Meno fantasiosi il tubo triestino proveniente dal tipo di cappello, il civich torinese, derivato da guardia civica, il pulismen bolognese, lettura emiliana dell’inglese policeman. Misteriosa infine l’origine del ghebo a Venezia, che è il nome dei canali minori che attraversano la laguna.

1940 vigili a Venezia

Fino agli anni Venti del secolo scorso, le Guardie cittadine continuarono, sotto questi soprannomi, a svolgere attività di controllo senza avere una specifica responsabilità sul traffico automobilistico, peraltro ancora ai suoi primi vagiti (nel 1920 circolavano 31.466 autovetture), ma nel ventennio fascista i Corpi dei vigili urbani e dei guardiani dei giardini, per centralizzare il potere e il controllo centrale, furono soppressi a Roma, Napoli e Palermo e raggruppati nel Corpo degli agenti di pubblica sicurezza, come guardie metropolitane. Soltanto nell’immediato dopoguerra i vari corpi dei vigili urbani furono ricostituiti e fu affidato loro formalmente il controllo del traffico nei centri abitati.

1950 vigile a Torino

Giusto in tempo per entrare – attraverso il cinema – nella storia del costume di un epoca, con l’immagine più emblematica: quella del pizzardone che sulla pedana al centro di piazza Venezia, a Roma, regolava il traffico con autorevoli gesti delle braccia e delle mani, sottolineati da un fischietto perennemente fra le labbra quasi fosse l’«ennesima» sigaretta di Yanez.

Poi, poco a poco, la pedana è sparita: nel 2021, travolto dai lavori della metropolitana, non ha retto a un tentativo di riedizione con un cilindro a sollevamento meccanico. Quando i cantieri saranno chiusi, difficilmente la pedana; sarà probabilmente sostituta da nuove tecnologie. Che in fatto di regolazione del traffico non sono poi tanto nuove: si chiamano «semaforo».