Car and Friends

Valerio Berruti
Marco Tullio Giordana

Tutto quello che non dovete sapere sulle auto

No, non è una Ferrari

Sì, lo so, sembra una 250 GT berlinetta Tour de France da competizione. Oppure una 375 MM Berlinetta, versione stradale. Qualcosa c’è anche della famosa 375 America Coupé o della 375 Berlinetta verde bosco costruita per Roberto Rossellini (e da lui regalata a Ingrid Bergman), o perfino, nel trattamento del frontale della 250 Spyder California. Ma non è nessuna di queste, non è nemmeno una Ferrari anche se sembra separata in fasce da una cucciolata di gemelle.

È una Chevrolet Corvette, fabbricata in tre esemplari unici. Questa la storia.

Nel 1953 fece scalpore la presentazione da parte della General Motors della Chevrolet Corvette C1, la prima vera auto sportiva americana in grado di competere, o almeno così si sperava, con le corsaiole italiane Ferrari Maserati o le inglesi Jaguar, Aston MartinAustin-Healey. Già nel 1955 la Ford cercherà di entrare in concorrenza con la sua compatta Thunderbird, meno muscolosa ma altrettanto ambiziosa. Queste auto, per quanto dotate di motorizzazioni sempre più potenti, sembravano però creature hollywoodiane o deliziose procacciatrici di week-end romantici piuttosto che rudi combattenti in pista, tanto che ad alcuni piloti privati venne in mente di rivolgersi proprio agli italiani perché studiassero su misura per loro una carrozzeria ultraleggera che ne aumentasse la competitività.

Seguendo l’esempio del costruttore americano Stanley “Wacky” Arnolt (che aveva commissionato nel 1953 a Nuccio Bertone e al suo geniale disegnatore Franco Scaglione una scattante convertibile con motorizzazione Bristol) tre valorosi piloti, il petroliere Gary LaughlinJim Hall (fondatore con Hap Sharp della Chaparral) e Carrol Shelby (anche costruttore/elaboratore in proprio)  si associarono nell’impresa di far rivestire in Italia tre autotelai Corvette C1 ottenuti grazie ai buoni uffici di Ed Cole, l’onnipotente progettista dirigente della General Motors, amico di  Shelby. La scelta cadde su Sergio Scaglietti, l’abile specialista cui si rivolgeva normalmente Enzo Ferrari per le vetture da competizione o per qualche cliente speciale. Scaglietti accettò la commissione e nel 1958 accolse a Modena i tre telai mettendosi al lavoro. 

Nascono così tre vetture interessanti, le cui linee richiamano fin troppo evidentemente agli stilemi delle berlinette Ferrari Gran Turismo da competizione, con un trattamento della coda forse ancora più affascinante e riuscito. Tutte e tre montavano il V8 small block di 4,3 litri che sviluppava 250 CV, due di loro avevano il cambio automatico, una sola quello manuale.

L’idea era di dar vita a una piccola produzione da vendere negli Stati Uniti ai piloti privati, ma i continui ritardi della lavorazione (la Scaglietti era una factory di dimensioni ancora artigianali) costrinsero a rallentare ridimensionare il progetto. In più Ed Cole, messo alle strette dalla direzione della General Motors che non apprezzava questi esperimenti, fu costretto ad avvertire Shelby che la Casa madre non avrebbe consentito l’invio di altri autotelai e che l’avventura doveva finire lì. Tra l’altro, pare che Enzo Ferrari si fosse indispettito nello scoprire da Scaglietti tre copie apocrife dei suoi bolidi e avesse intimato di levarle rapidamente di torno. La piccola serie di Corvette-Scaglietti era quindi morta sul nascere.

Scaglietti terminò la prima nel 1960 (un anno e mezzo dopo la consegna del telaio) e la spedì negli Stati Uniti a Gary Laughlin. Questi non ne fu per niente soddisfatto: era rifinita in modo sommario, mancavano ancora parecchi dettagli (gli sfoghi d’aria sulla fiancata, i vetri laterali non montati), senza contare che i primi collaudi in pista mostrarono una pericolosa tendenza dell’avantreno ad alleggerirsi rendendo instabili le traiettorie. Le due vetture rimaste da Scaglietti per il completamento furono spedite a Houston ancora mezzo-smontate. Jim Hall ne acquistò una, Carroll Shelby, deluso per la fine ingloriosa dell’iniziativa, declinò l’offerta per la terza.

L’auto di Laughlin (con il cambio automatico e la stessa griglia anteriore della Corvette originale) è stata messa in vendita di recente e fa ora parte di una importante collezione privata. Le altre due, ugualmente in mano a privati, compaiono ogni tanto in qualche manifestazione suscitando ogni volta grande curiosità.

La Chevrolet Corvette C1 di partenza
La Corvette-Scaglietti di Gary Laughlin
Sergio Scaglietti (1920 – 2011)