Car and Friends

Valerio Berruti
Marco Tullio Giordana

Tutto quello che non dovete sapere sulle auto

La folle corsa parigina firmata Lelouch, il più bel corto mai realizzato sull’automobile. Ecco storia e aneddoti

Non c’era ancora Internet. Non ci si immaginava certo che fosse possibile trasferire dei file video, attraverso una qualche immaginaria rete informatica globale, roba da fantascienza. Comunque la notizia dell’esistenza di quel filmato aveva iniziato a circolare per vie traverse, forse attraverso qualche rivista minore di automobili, forse tramite qualche bollettino di Club. Dovetti aspettare quasi un mese, fra la spedizione dei soldi in contanti (ovviamente, niente PayPal!) in una busta non marcata e l’arrivo di un pacchetto con dentro una cassetta VHS. Sì, perché all’epoca c’erano ancora le videocassette!

Anche quello era un rituale, televisore acceso, selezionare l’ingresso del videoregistratore, inserire la cassetta e mettersi a vedere… che cosa? Cosa ci si doveva aspettare, di quella che doveva essere una corsa in automobile attraverso le strade di Parigi?

I primi secondi sono di buio totale, se non per una scritta che avvisa che il filmato non è stato né editato né accelerato né in qualche maniera alterato. È tutto buio. Il sonoro è il battito di un cuore, un battito lento, pesante. Si apre un rettangolo luminoso nello schermo nero, improvvisamente quel rettangolo obliquo diventa l’uscita di una galleria e il battito del cuore si trasforma nel latrato nervoso del motore più musicale del mondo, un 12 cilindri Ferrari 3,3 litri.

Ecco, è così che inizia il più bel cortometraggio mai realizzato sull’automobile, con la firma di uno dei più grandi registi francesi: Claude Lelouch, un maestro che adoriamo per un capolavoro come L’avventura è l’avventura (irresistibilmente comico), se non per Un uomo e una donna (insopportabilmente melenso).

1965, il regista Claude Lelouch filma Jean-Louis Tritignant in Un uomo e una donna

Bene, terminato il pistolotto iniziale a lode del geniale regista, parliamo dunque di questo cortometraggio, dal titolo C’etait un rendez vous (tradotto in italiano come Un appuntamento). il suo più grande capolavoro. Dimenticate Le Mans, The Great Race e altri sforzi del genere: a Lelouch bastano 477 secondi per trasmettere all’appassionato di automobili un’emozione semplicemente ineguagliabile, e da allora, in effetti, ineguagliata.

Molti conoscono già questo film, realizzato nel 1976 in un unico formidabile “piano sequenza”. Si parte da Porte Dauphine, si percorre l’Avenue Foch quindi si circumnaviga l’Arc de Triomphe, giù per Champs Elysées e Place de la Concorde per infilarsi al Louvre da Quai des Tuileries e dirigersi verso l’Opéra Garnier con meta Montmartre. Attraversando luoghi noti e meno noti, ignorando tranquillamente semafori rossi, attraversamenti pedonali, navigando a tutta velocità in un oceano di flaccide Renault e Citroën che si disperdono come gruppi di piccioni atterriti all’arrivo del Leviatano in corsa. Il tutto avendo, come sfondo, una Parigi tanto sfuocata da sembrare in bianco e nero, di cui si riconoscono alcuni punti celebri soprattutto per l’emozione che trasmettono come cornice del cortometraggio: l’ingresso dell’auto in un cortile del Louvre ancora privo di piramidi, per esempio, è un capolavoro.

Già, l’auto. Non c’è nessun altro film al mondo, corto o lungo che sia, in cui l’automobile sia tanto completamente protagonista; eppure non la si vede mai. Mai! Sì, perché l’automobile in questo caso rimane dietro la telecamera; è il supporto mobile di una telecamera (una Èclair, si dice) che merita tutti i complimenti del mondo per essere rimasta stabile durante questa corsa folle sul prevede la capitale francese. (“Le film que vous allez voir a été réalisé sans trucage”, si proclama orgogliosamente all’inizio della ripresa.) Immagine romantica, barocca, suggestiva, quella di un Convitato di Pietra, meccanico, poderoso e incombente ma non visibile.

Il filmato è un’avventura ovviamente folle e sicuramente illegale per la quale peraltro Lelouch venne anche fermato e interrogato dalla Géndarmerie. (Per confermare che quella era un’epoca più felice e più serena, sotto mille punti di vista, il prefetto di polizia convoca Lelouch, ascolta tutta la storia, lo ammonisce severamente e gli ritira la patente. Poi, un minuto dopo, gliela restituisce, dicendo “avevo dovuto promettere di ritirarvi la patente, ma non ho mai dichiarato quando ve l’avrei restituita.”)

Con l’arrivo di Internet il filmato si è diffuso in maniera molto più ampia, ora lo si trova facilmente su YouTube. Valgono le stesse istruzioni per l’uso, adesso come allora: è necessario vederlo su uno schermo grande, ben seduti e col volume molto alto. Sì, il volume è importante, perché il ruggire metallico di un motore Ferrari a 12 cilindri lanciato a tutta velocità e con cambiate e scalate di alta precisione è un concerto impareggiabile, come del resto aveva già riconosciuto Herbert von Karajan.

Dunque la leggenda ci dice che la protagonista invisibile è una Ferrari 275 GTB guidata da Jean-Paul Beltoise, pilota francese celebre più che altro per un drammatico incidente in Argentina il 10 gennaio del 1971 (di cui però non era il vero responsabile!) O forse era invece Jacky Ickx? I soliti guastafeste, ovviamente, protesteranno.

I freddi razionalisti, attaccati al segreto potere iconico del numero, preciseranno che questa fuga si dipana per 10,597 metri in 7’57” attraverso le strade di una Parigi semideserta poco prima dell’alba di una mattina d’agosto, forse addirittura domenica 15, falciando 18 semafori rossi con una velocità media di 80 chilometri orari per arrivare alle 6 in punto a Montmartre;

I poveri di spirito bofonchieranno che per andare dall’Arc de Triomphe a Montmartre la strada più corta non passa certo per il Louvre, ma per Parc Monceau e Bd de Batignoles;

I legalisti e i woke protesteranno per l’osceno sfoggio di potenza, velocità, noncuranza dei regolamenti del traffico e interi Codici della Strada, senza contare il disturbo agli uccelli e alle povere flaccide Renault e il fatto di avere ispirato figli e figliastri come la serie dei Getaway in Stockholm che sono, però, decisamente meno poetici;

Gli stessi guastafeste, infine, insisteranno sul fatto che la telecamera sarebbe stata montata non sul delicato muso di una 275GTB ma davanti al massiccio frontale di una Mercedes 450 SEL ‘W116’ 6,9. Il concetto non è molto romantico, ma piuttosto razionale e in linea col fatto che, nonostante l’atroce pavé parigino, la telecamera è sempre perfettamente stabile. Le sospensioni idropneumatiche della Mercedes, uscita alla fine del 1975, spiegherebbero questa stabilità meglio di quelle di una Ferrari.

Cosa importa? Nulla. Come mi ricordava Umberto Eco, “le favole presuppongono la sospensione dell’incredulità”, e allora noi rigettiamo queste obiezioni razionalistiche, che sanno di sterile illuminismo parigino.

We are the sons of the Crusaders

And we will not recoil

Before the sons of Voltaire.

Claude Lelouch

Per noi l’auto che quella domenica mattina attraversa Parigi è una Ferrari 275GTB, guidata da Jean-Paul Beltoise, la cinepresa è una Arriflex 35BL, il suono del V12 è stato registrato su un Nagra 4.2 o un ‘IS’ (il IV-S era già arrivato nel 1972, ma la colonna sonora qui è monofonica), che si percorre una strada più lunga perché era scenograficamente giusto così e, come diceva Annibale, “o troveremo una strada, o ne costruiremo una”. Questo è quello che fa il misterioso guidatore, si fa la sua strada per una Parigi di sua scelta verso una meta romantica (che non è la basilica di Montmartre.)

Questa chiave di lettura rende giustizia alla visione audace di Lelouch e ci permette di entrare in un mondo di fascinazione onirica, quello di un breve film nel quale, dichiarò il regista, ‘voleva solo esprimere l’urgenza di un giovane uomo che ha dato appuntamento alla sua ragazza e fa di tutto per non farla aspettare’. Il resto è tecnica sterile, lontana dalle pulsioni emotive, vagamente woke.

La cosa realmente emozionante è che qui abbiamo un’unica ripresa senza soluzione di continuità, non tagliata, non accelerata, non modificata: un unico meraviglioso piano sequenza, una fuga olimpica attraverso le strade della capitale francese condotta con perizia assolutamente straordinaria, uomo e macchina al loro massimo livello. Per chi non ama Parigi, come il sottoscritto, questa lunga fuga nobilita una città adagiata sulle rive della Senna che diventa un perfetto scenario livido dove si allineano luoghi da cartolina, fin troppo noti per essere interessanti: Avenue Foch, Concorde, Quai de Tuileries…

Ci sono, a rendere epica questa corsa furiosa verso una destinazione inizialmente ignota, i camion della spazzatura, i semafori invariabilmente rossi e falciati senza pensieri, i ciclomotori, i pedoni e altra roba, ma il pilota schiva, scala, accelera, passa davanti alla mole dell’Opéra Garnier con un ruggito formidabile, degno delle migliori voci che si siano mai esibite su quel palcoscenico. Un plauso speciale e specifico a chi è riuscito a sovrapporre così perfettamente il canto del 3,3 litri Ferrari al passo del veicolo porta cinepresa. Noi, ovviamente, sospettiamo anche in questo un intervento della Nagra.

La salita verso Montmartre è epica; se il camion della spazzatura là davanti si fosse fermato di traverso tutta la bellezza di questa avventura sarebbe finita, ma non è così, perché, in un atto di suprema anarchia, la Ferrari 450 SEL 6,9 (o la Mercedes 275 GTB/4?) passa direttamente sul marciapiedi… Audaces Fortuna Iuvat, e così tutto va perfettamente bene fin quando la macchina si ferma, davanti alla basilica, una Parigi grigia ai piedi del pilota.

Nel momento esatto in cui le campane iniziano a suonare le sei, ecco la meta della corsa. Il pilota scende dalla Ferrari/Mercedes e corre ad abbracciare la ragazza che arriva di corsa, naturalmente bella, elegante e puntuale; è svedese e si chiama, ovviamente, Gunilla. Era, in fondo, solo un appuntamento.