Car and Friends

Valerio Berruti
Marco Tullio Giordana

Tutto quello che non dovete sapere sulle auto

Elio de Angelis, la vita troppo breve di un pilota da film: ufficiale e gentiluomo

Sono passati 39 anni da quel tragico incidente, il 14 maggio 1986, che il giorno dopo ci ha portato via Elio de Angelis, uno dei piloti italiani più talentuosi dell’epoca (e non solo) e un personaggio straordinario del mondo delle corse (e non solo).

Un “personaggio da film” si direbbe, per i tanti risvolti spettacolari della sua vita e della sua attività, entrambe troppo brevi ma sufficienti a farlo ricordare proprio per la sua figura particolare; un po’ Ufficiale Gentiluomo, un po’ Grande Gatsby, un po’ Brad Pitt, ma che fa sul serio…. Più che commemorarlo pare giusto montare i ricordi come in una immaginaria sceneggiatura per il racconto di una storia tutta speciale.

Elio de Angelis

Elio de Angelis era bello, giovane, ricco, signore nel senso più compiuto del termine. Veloce e delicato in macchina come alla tastiera del pianoforte. Elio era uno da guardare, ammirare e magari invidiare. Lo si immagina al pianoforte (naturalmente a coda), impeccabile nella postura, il volto attento con quello sguardo un po’ triste che si nota in tutte le sue foto. La colonna sonora è una sonata di Beethoven o una rapsodia di Liszt.

Nulla di mondano, una cosa di famiglia in famiglia, con il fratello maggiore, la sorella (prima e fedelissima tifosa) e quel padre già celebre per il gusto della velocità. Ma Elio non aveva voluto seguire la passione del de Angelis motonauta, quel Giulio pluricampione mondiale: “Non mi è mai piaciuto correre in motoscafo, la trovo una cosa inutilmente pericolosa”, diceva. La sua strada pericolosa l’aveva scelta lui, per godere della velocità “a modo suo”.

Elio de Angelis ed Emanuele Pirro in kart

Cambio di scena ed eccolo in circuito. Non importa quale e quando, Elio è uno di quelli che giovanissimo, dai kart alla Formula 3, dove è andato ha vinto. Nel paddock, in mezzo alle macchine, si incrociano appassionati, giovani rampanti e qualche facoltoso dilettante che corre senza ambizioni. Fra i giovani ce n’è uno diverso, meno esuberante e molto compito, uno che tutti rispettano anche se per i detrattori e qualche avversario è facile dire che va forte con i soldi. Certo non arriva in autodromo con l’auto sul carrello. Gliela portano e gliela preparano i meccanici a puntino, ma poi lui sale in macchina, guida e vince, e ringrazia tutti anche quelli che ha lasciato dietro.

Elio de Angelis in gara

Come pilota, a parte il suo palmares di risultati, lo qualifica la stima di Colin Chapman (uno che di gente veloce ne aveva conosciuta) che lo ha chiamato a guidare la Lotus F1. Lo spregiudicato costruttore inglese era affascinato da quel ragazzo italiano, raffinato quanto veloce e votato al rischio per passione più che per soldi, come piaceva a lui.

A Silverstone, nel 1981 la nuova e spudorata (fu estromessa per irregolarità tecniche prima ancora di gareggiare) Lotus 88 era rimasta al box e nelle prove i piloti furono mandati in pista con la vecchia tipo 87 “recuperata” e non propriamente performante. Risultato: mancata qualificazione per il compagno di squadra Nigel Mansell e terzultimo posto in griglia per Elio davanti all’amico Eddy Cheever, penultimo, anche lui con una macchina (Tyrrel) di scorta.

Elio de Angelis con Eddie Cheever

Dopo le prove i due italiani (si, anche Cheever) si scambiano sconsolati le impressioni ed Elio commenta così la sua disperata performance: “Su quei curvoni me la sono proprio fatta sotto, c’è l’abitacolo pieno di m…”. La domenica, in una gara tormentata da numerosi incidenti, recupererà fino al 6° posto per essere poi squalificato per un sorpasso sotto bandiere gialle.

Altro cambio di scena. Una sessione fotografica per una rivista per la quale doveva “provare” una sportiva stradale. Nel briefing iniziale il fotografo gli spiega che nelle foto dinamiche avrebbe dovuto esibire spettacolari controsterzi, al che Elio lo guarda perplesso e risponde: “Mah, non so…, io non guido così…”. Poi si mette al volante e disciplinatamente si esibisce in impeccabili “traversi” (adesso si dice drift). A fine show si china sull’asfalto per guardare l’auto da sotto e, tornando verso casa, finisce il “compitino” con una accurata e professionale relazione sulla prova. “E’ strana, pensavo che la meccanica fosse differente….”

Serio, charmant senza ostentazione, voleva meritarsi ogni successo con l’impegno e la capacità, anche confrontandosi con compagni di squadra del calibro di Mansell e Senna, che rispettava ma senza alcuna soggezione.

Senna e de Angelis

La fine tragica per un incidente “spettacolare” e assurdo, in una sessione di prove private al Castellet. Si stacca l’alettone e la Brabham BT55 di Elio, senza controllo, salta il guardrail e si ribalta; il pilota resta imprigionato per oltre dieci minuti, con il solo soccorso dei colleghi Alan Jones, Alain Prost e Nigel Mansell, che si fermano e tentano invano di raddrizzare l’auto che inizia a bruciare. Passa il tempo senza alcuna assistenza e de Angelis arriverà in ospedale a Marsiglia quasi due ore dopo in condizioni ormai disperate.

Proprio l’assurdità della sua morte darà un impulso decisivo alla sicurezza dei piloti con la creazione di tutti quei sistemi di protezione e di assistenza di cui oggi si dispone su qualsiasi circuito, sul posto e per il trasferimento degli eventuali feriti. Quell’incidente ha cambiato il modo di considerare il rischio di correre.

Dramma nel dramma, l’anno successivo il padre Giulio, troppo ricco, troppo famoso, troppo “esposto” nel periodo buio dell’Anonima Sarda, sarà vittima di un sequestro in Sardegna e rimarrà prigioniero per 142 giorni, subendo il taglio di un orecchio. C’è da immaginare che nel lungo isolamento abbia pensato alla sua vita, ai suoi figli; quelli che stavano trattando il suo rilascio e quello che non c’era più: il “ribelle” di famiglia che aveva, comunque, sempre assecondato con la consapevolezza che Elio, al pianoforte come al volante, era di quelli capaci di far bene qualsiasi cosa.