Car and Friends

Valerio Berruti
Marco Tullio Giordana

Tutto quello che non dovete sapere sulle auto

Operazione nostalgia: diremo mai addio alla Panda? Ah, saperlo! Ma non certo al nome

La storia dell’automobile e soprattutto dei suoi modelli è un racconto meraviglioso al cui centro c’è una grande voglia di libertà. C’è una gara continua a superarsi e ad innovare. E quello che rimane di questa storia diventa indelebile nella nostra memoria. Pensiamo soltanto ai nomi dei modelli. Alla loro capacità evocativa di anni passati ma che tornano grazie alla sola pronuncia della parola.

Per esempio, diremo mai addio alla Panda? Al modello (geniale opera di Giorgetto Giugiaro) forse ma al nome certamente no. Panda, basta la parola, scelta felice della Fiat nel lontano 1980. Meglio dimenticare, invece, che nel 2003, la seconda generazione della citycar ha rischiato di perdere quel fantastico nome a favore di un improbabile “Gingo”.

Giorgetto Giugiaro e il disegno della Panda

Per fortuna, ci ha pensato la Renault a far cambiare idea a Torino: sul mercato c’era già la loro Twingo e l’assonanza non le avrebbe giovato (chissà quante volte a Parigi si saranno pentiti dell’interferenza…). Oggi, però, è stato tutto cancellato in fretta e la Panda continua. È diventata Grande Panda, Pandina, poi, chissà Pandona. Ma guai a cambiar nome.

Una tendenza comune, d’altronde, perché resistere al passato è tutt’altro che facile. L’obiettivo è chiaro: si colpisce al cuore e l’effetto seduzione è garantito. In fondo, quando si guarda indietro spesso si ha la sensazione che “si stava meglio”, anche sui sedili scomodi e spartani di una Panda anni Ottanta.

Ford Thunderbird roadster

Verità o bugia, le cose nel mondo automotive stanno andando così. Succede soprattutto in Europa. Molto meno negli Usa dove la Ford Thunderbird del 1955 è stata riproposta senza molta fortuna nel 2002. Un po’ meglio è andata con la Ford GT nel 2004, il bolide capace di battere la Ferrari a Le Mans. Una suggestione e un successo che tanti americani hanno ancora scolpito nella mente.

Nel vecchio continente, invece, sono state “resuscitate” la Mini e poi la Fiat 500. Quest’ultima, lasciando tutti a bocca aperta nel 2004 quando per la prima volta è comparsa sulle strade torinesi, più grande e forse più bella ma le stesse linee del passato. L’immagine era quella del vecchio “Cinquino” con i ricordi indelebili che si porta dietro.

La Mini ieri e oggi

Altra storia, invece, con la Defender della Land Rover, ora nelle mani degli indiani della Tata. Da quando è stata cancellata la versione “storica” (nel 2016 dopo 68 e circa due milioni di esemplari venduti) ci sono voluti otto anni per la nuova. Ovviamente, il nome non cambia ma la faccia è tutt’altra. Tutto secondo la regola: si poteva buttar via un nome tanto forte?

Land Rover Defender

Stessa spiaggia, stesso mare anche alla Renault con l’operazione R4 ed R5. Perché a volte ritornano davvero. E sono una luce riflessa nel grigiore quotidiano di Suv e crossover tutti uguali, davanti, dietro e persino nel colore. Stavolta, invece, è come se il sangue si rimescolasse nel guardare per strada due auto che in tanti abbiamo amato e spesso solo sognato. Erano diverse. Erano altri anni ma che importa. Le abbiamo desiderate e guidate allora e oggi possiamo rifarlo. Basta il nome a ricordare tempi più belli anche se a ben guardare magari non lo erano tanto.

Ma attenzione a non esagerare nella rievocazione. La delusione è dietro l’angolo, soprattutto quando l’operazione ha soltanto il sapore del marketing…