Questa Renault 4 speciale, che pochi conoscono e pochissimi hanno guidato, si chiama Sixties, una edizione numerata nata nel 1985, quando la popolarissima utilitaria francese era già diventata una fonte quasi inesauribile di serie speciali dedicate a un po’ di tutto. La Sixties è ovviamente un omaggio ai favolosi anni Sessanta quelli nei quali la R4 era nata e aveva iniziato la sua carriera di successi ininterrotti.

In fondo, 8 milioni di esemplari venduti sono dati poco significativi se si pensa alla storia della Renault 4. Era l’alba degli anni Sessanta e a Parigi qualcuno aveva pensato di realizzare qualcosa tipo una Citroen 2 CV ammodernata, un rustico-francese che sarebbe diventato un fenomeno. Da allora, l’idea è stata un riferimento assoluto e un esempio che altri hanno poi tentato di reinterpretare con alterni risultati.
Oggi, con la sua linea “grafica” ed essenziale, la R4 originale fa sorridere e i suoi interni primitivi ispirano tenerezza, quello che rimane è il senso di un coraggio di innovare che la tecnologia moderna e le tante regole hanno poi drammaticamente frenato. Ma la R4 è ancora di più il simbolo di un passaggio epocale che la casa francese aveva dovuto affrontare per aggiornare i propri modelli, passando dalla classica 4CV, a motore posteriore, a un progetto inedito a trazione anteriore.

Era bastato (si fa per dire) prendere il motore così com’era e metterlo davanti, con il risultato che il cambio era finito in cima al cofano e per comandarlo la sola soluzione era il “manico d’ombrello” in mezzo alla plancia. Strana, spaziosissima e supereconomica (all’epoca costava meno di 5000 franchi, qualcosa come 7000 euro di oggi) la più rivoluzionaria delle Renault ha avuto il successo che meritava.
Un successo ripetuto negli anni. Il gioco era sempre lo stesso: allestire il modello base con qualcosa che lo caratterizzasse e richiamasse lo spunto di riferimento e nel caso della Sixties erano i colori (solo tre per la carrozzeria: giallo, blu e rosso) e gli interni ravvivati dai rivestimenti arlecchino che li mettevano tutti assieme, gli oggi ricercatissimi profili colorati e qualche equipaggiamento proveniente dalla contemporanea (e aggiornata) R5 con in più la botta di modernità del doppio tetto apribile in vetro.

Poco o tanto i 2.200 esemplari numerati furono venduti senza problemi dando origine ad un’altra delle tante “rarità” della famiglia R4. Guidando la Sixties sembra sia arrivato il momento della “nostalgia della nostalgia” tanto che è difficile valutare se si è al volante di una “vecchietta” o di una replica.
Comunque sia caratteristiche e sostanza sono quelle dell’ultima serie dell’R4, con il motore 1100 e il relativo cambio, che è sempre quello caratteristico a “manico d’ombrello” infilato nel cruscotto ma con movimenti normali, vale a dire con la prima “a sinistra in avanti” e le altre a seguire (nelle R4 originali la prima era “a sinistra indietro”, con seconda e terza sulla stessa linea e quarta “a destra avanti”, bisognava dedicarcisi).

Complicato da spiegare, ma basta poco per imparare dove deve spostare la mano destra per trovare il pomolo e poi i movimenti diventano quasi del tutto naturali; addirittura gli “esperti” di R4 sostengono basti impugnare la leva proprio come un manico d’ombrello per ottenere cambiate più rapide e precise.
Ma il cambio è solo una delle particolarità della R4, Sixties o altra, perché viaggiando quella più immediatamente avvertibile è la tendenza a dondolare sulle sospensioni se si agisce sullo sterzo con troppa disinvoltura.

La R4 è una signora, non più giovanissima, che non va strattonata ma accompagnata e a queste condizioni si comporta come una compagna fedele e affidabile. Allarga la curva? Sterzi un po’ di più e recupera la traiettoria; ci pensano il dondolio e lo sterzo che si appesantisce a farti capire che stai esagerando, ma senza mai tradirti.
D’altronde le prestazioni sono quelle che sono e con 34 Cv e una velocità massima di 120 km/h il livello di rischio è decisamente molto basso, se si esclude quello di essere sballottati dall’onda d’urto di un tir che ti sorpassa in autostrada. Ma la R4, allora come oggi, è fatta per altro: per andare a spasso con quello e quelli che vuoi, goderti il panorama e, comunque, strappare un sorriso al tuo passaggio.